Il carciofo, fiore a rischio d’estinzione - Senza zucchero e senza farina - Alcentrodelpiatto®

Il carciofo

fiore a rischio d’estinzione

L’utilizzo del carciofo, soprattutto come rimedio fitoterapico, risale al tempo degli Egizi e dei Greci. La storia documenta che anche l’uso per la tavola è antico. I Romani per esempio li mangiavano lessati nell’acqua o nel vino.

Nell’alimentazione regionale del Lazio questo ortaggio inizia ad affermarsi nel tardo Rinascimento, e solo negli anni ’40-50, grazie ad un sistema di coltivazione di tipo intensivo, il carciofo raggiunge il suo livello massimo di diffusione, soprattutto a Ladispoli e nei terreni particolarmente predisposti.

Proprio a Ladispoli,  nell’immediato dopoguerra, la Proloco riconosce le proprietà di questo prodotto e inizia così un’attività di promozione con quella che ancora oggi, dopo quasi cinquant’anni, costituisce motivo di grande orgoglio per la cittadina di Sezze: la famosa Sagra del Carciofo.

Oltre a Sezze, altre manifestazioni valorizzano il territorio e incentivano il consumo del carciofo romanesco: la sagra del carciofo a Ladispoli e la Carciofolata a Velletri.

Tutti e tre gli eventi sono ricchi di proposte di degustazioni di piatti tipici laziali, accompagnati dal buon vino. In più attirano tanti visitatori, fra i quali molti turisti.

Le coltivazioni laziali sono riconosciute come quelle che producono il carciofo per eccellenza.

Infatti, nell’anno 2001, il carciofo romanesco del Lazio ha conquistato il marchio IGP, inserendosi tra la lista dei prodotti tipici certificati a livello europeo.

La diffusione di questo ortaggio sul territorio laziale è dovuto in particolare al microclima che caratterizza quest’aera: mite, di media altitudine, riparato dai monti Lepini e riscaldato dai venti del litorale laziale, è qui che il carciofo trova il suo habitat ideale.

Di coltura pluriennale, la produzione del carciofo si svolge da agosto fino ad ottobre dove viene piantato, per essere poi raccolto tra marzo e aprile, rigorosamente a mano.

Il nome comune della pianta è Cynara Scolymus, di tipo romanesco, ed è ben distinguibile dagli altri per le sue caratteristiche.

Ha un diametro di almeno 10 cm, presenta una forma sferica con un capolino molto grande e delle bratee verdi tendenti al violaceo. Tondeggiante e compatto, il carciofo romanesco si presenta senza spine nè peluria, possiede un sapore forte e dolce.

Acclamato anche per le sue proprietà nutrizionali, il carciofo è ricco di fibre, sali minerali, ferro e vitamine, quali la Vitamina C e la Vitamina K.

Le virtù di quest’ortaggio non finiscono qui: può essere consumato dai diabetici, favorisce la secrezione biliare, protegge il fegato, abbassa i livelli di colesterolo, ha poche calorie (22 per 100 grammi).

Il carciofo romanesco è chiamato anche mammola o cimarolo, e potrebbe essere a rischio d’estinzione a causa del crollo della produzione di questa coltura.

Ricette tipiche romanesche: carciofi alla giudia, carciofi alla romana, carciofi fritti dorati, coratella d’abbacchio con carciofi alla romana.

Ringrazio per le immagini il portale fotografico setino  (www.setino.it) a cura di Ignazio Romano.

Vi invito a visitarlo per conoscere la storia e gli eventi di Sezze, città che si narra sia stato Ercole a fondare.

SAI CHE..?

La parola carciofo deriva dall’arabo e significa spina di terra. La coltivazione della pianta fu avviata in Europa dagli arabi.

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By Federica Vitali

Food Blogger

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